sabato 15 dicembre 2007

L'Unione Europea e il "caso Turchia" (di Omar Ebrahime)


C’è un dossier sui tavoli della Commissione europea che scotta e che nessuno vuole toccare; è quello di uno Stato candidato all’ingresso nell’UE: la Turchia. Il Paese che si affaccia sul Mediterraneo ha infatti inoltrato da tempo istanza per entrare a far parte del club “Europa” ma le difficoltà che una simile prospettiva apre sul Vecchio Continente sono di non poco rilievo e l’iter si preannuncia lungo. A far luce sul tema è arrivato un agile volume di Alberto Rosselli, studioso di storia moderna, contemporanea e militare, esperto delle vicende geopolitiche della penisola balcanica, che ormai da anni segue il “caso Turchia” con attenzione. Il testo s’intitola Sulla Turchia e l’Europa (Solfanelli, Chieti, pagine 162, euro 10,00) ed è un’interessante summa dell’attuale stato dell’arte, giuridico e politico, per chi vuol saperne di più sul processo d’integrazione e su un Paese che tanto fa discutere.
Si tratta di un’opera a 360 gradi, che può essere letta da chiunque e non solo da specialisti. La prima parte ha un taglio storico (vengono affrontate le querelle che hanno segnato i rapporti, non sempre felici, tra Turchia e Vecchio Continente dal Settecento ai giorni nostri) e una seconda è concentrata sull’oggi e sui grandi punti di domanda che l’entrata in Europa di un Paese che da sempre, storicamente e culturalmente, si è collocato naturaliter fuori, pone all’UE. L’abilità di Rosselli consiste nel toccare temi di portata storica enorme (si pensi ad es. alla caduta dell’Impero Ottomano, ai suoi riflessi sulla geopolitica post-Versailles o alle conseguenze su quell’altra realtà fondante per gli equilibri europei che era l’Impero Asburgico) tracciando una sintesi sempre chiara che si fa apprezzare anche per la sua oggettività espositiva.
L’Autore cioè, pur non nascondendo un suo punto di vista, fornisce al lettore dati, fatti, testimonianze che costruiscono quasi da sole la trama dell’opera. Fa parlare insomma la storia dei rapporti Turchia-Europa, una storia che analizzata oggi senza pregiudizi di parte sembra fornire, di per sé, una prospettiva piuttosto inquietante. Tre episodi su tutti: il massacro degli armeni cristiani (il primo genocidio di quello che Giovanni Paolo II chiamò il “secolo di Caino”), la persecuzione non meno cruenta del popolo curdo e l’annosa “questione cipriota” (la Turchia occupa da oltre 30 anni il nordest dell’isola, parte che detiene tuttora lo status di “territorio occupato”).
In nessuno dei tre casi sembrano registrarsi, al momento, significativi passi avanti sulla strada della conciliazione. Nel caso dell’orribile massacro del popolo armeno (una vera e propria pulizia etnica perpetratasi in più tempi che coinvolse complessivamente quasi un milione e mezzo di innocenti) il governo di Ankara non tollera che si dica pubblicamente alcunché ed è ben lungi dall’accettare una doverosa ammissione di colpe, supportando persino tesi “giustificazioniste” quando non addirittura apertamente negatorie dell’orribile misfatto.
In questo clima surreale quasi non sorprende che chi, come il giornalista Hrant Dink, si permetta di discutere la vulgata di Stato finisca morto ammazzato da 4 colpi di pistola nel centro di Istanbul come nulla fosse o che chi provi a pubblicare la Bibbia finisca sgozzato, come accaduto a Malatya a tre semplici impiegati della casa editrice Zirve. Analoga la situazione sul versante-curdo (i prigionieri politici detenuti nelle carceri turche sono da anni sottoposti a torture) dove anche le più elementari libertà vengono negate. Preoccupante infine l’accennata situazione di Cipro dove l’UE, se decidesse di proseguire l’iter per l’ingresso della Turchia in Europa, si troverebbe nell’imbarazzante situazione di sostenere uno Stato invasore di un attuale membro della Comunità approvando quindi de iure una illegale situazione de facto.
Restano poi ancora vive nella mente le immagini del martirio di Dink e quello del sacerdote italiano Don Andrea Santoro l’anno scorso (ricordiamo che anche il suo successore, padre Brunissen, è stato aggredito da un altro “squilibrato”). Più di tutto restano però i mille interrogativi di carattere culturale-religioso che Rosselli solleva lasciando poi al lettore il compito di continuare la ricerca.
Ci sembra insomma che il punto nodale sia quello che già un lungimirante pensatore ed uomo d’azione del secolo scorso, il brasiliano Plinio Correa de Oliveira (1908-1995), così aveva brillantemente esposto poco prima della sua scomparsa: “Una volta entrata in Europa, la Turchia si rivelerebbe una “barriera” contro il dilagante fondamentalismo islamico, o non piuttosto un comodo “ponte” per un islam proiettato alla conquista culturale e religiosa del Vecchio Continente che di fatto sembra avere abdicato alla propria civiltà?” (cit. in Rosselli, pag. 127).

Omar Ebrahime

http://www.corrieredelsud.it/site/modules/article/view.article.php?420

RECENSIONE di Mario Secomandi

La «dittatura del relativismo», sulla scorta di quanto affermato dall'allora cardinale Ratzinger nella Messa Pro eligendo Romano Pontefice e poi dallo stesso Benedetto XVI a più riprese, si va configurando come l'odierna precipua minaccia al cristianesimo. Roberto de Mattei focalizza con acume l'attenzione su come in Occidente, dove la religione cristiana ha trovato nei secoli la maggiore diffusione e radicamento, si stia assistendo ad un processo di elevazione a dogma ideologico di un distorto concetto di tolleranza, portato e frutto di una sorta di sincretismo e gnosticismo radicale. Da ciò deriva che i cristiani autentici e ferventi, non quelli «adulti» che s'inginocchiano al mondo, svendono e gettano alle ortiche la fede (qualora ce l'avessero giammai avuta), ma quelli fedeli al Magistero della Chiesa e al papa, vengono oggi con falsità etichettati come integralisti, reazionari ed anti-moderni, in quanto portatori di una «verità assoluta». Il relativismo, che è insieme laicismo e nichilismo, spinge a creare una società secolarizzata «cristofobica», gettando le basi per una nuova persecuzione dei cristiani e della Chiesa cattolica. Ne rappresentano esempi lampanti lo scherno ed il dileggio nei confronti dei simboli religiosi quali il crocifisso, le offese ed irrisioni all'indirizzo dei cattolici da parte del circuito mass-mediatico, la profanazione di Chiese e luoghi di culto, le minacce ed intimidazioni ai più alti rappresentanti della Chiesa, dal presidente della Cei, il cardinal Bagnasco, allo stesso papa Ratzinger.

L'Onu e l'Unione Europea sono gli organismi internazionali per mezzo dei quali si va producendo il consenso verso la nuova ideologia del «marx-strutturalismo postmoderno», odierna tappa del secolare processo rivoluzionario anti-cristiano, giungendo alla creazione positivistica dei «nuovi diritti». Aborto, pianificazione eugenetica delle nascite, sterilizzazione e contraccezione vengono spacciati da lobbies onusiane quali l'Unfpa (United Nation Population Fund) e l'IPPF (International Planned Parenthood Federation) per «diritti e salute riproduttiva». L'ILGA (International Lesbian and Gay Association) è un'altra lobby molto attiva che, in forza della neo filosofia del «gender», si batte per i «diritti gay», in direzione di un rivolgimento della società armonica ed organica per il tramite della messa al bando dei ruoli naturali rispettivamente del maschio e della femmina, fino alla liquidazione della famiglia legittima e tradizionale e la messa in discussione della maternità e del matrimonio. Vengono sempre più rivendicate nuove singolari tipologie di diritti non solo in capo agli esseri umani, ma anche alle piante, agli animali, all'ambiente e alla terra.


Onu ed Ue, già soggetti pseudo-politici pachidermici, farraginosi e fallimentari, si vanno dunque tramutando in veri e propri «laboratori ideologici» per la creazione di senso comune, mentalità e costume anti-cristiani. Attraverso ambigue risoluzioni e raccomandazioni ai governi e parlamenti nazionali, l'Ue (accanto all'omissione delle radici cristiane nel proprio preambolo costituzionale) sta di fatto costringendo i Paesi membri a piegarsi ai dettami di un simile neo-paganesimo anti-Decalogo. Su tale scia, alcuni nuovi disegni di legge del governo Prodi andrebbero introducendo surrettiziamente nell'ordinamento italiano il reato di «omofobia»: si ritroverebbe ad essere destinatario di dure condanne penali chi ad esempio stigmatizzasse i Pacs e le unioni gay, in quanto colpevole di «discriminazione motivata dall'identità di genere o dall'orientamento sessuale».

Si va costituendo di fatto un nuovo totalitarismo soft attraverso la «negazione dell'esistenza di una legge e di una verità oggettiva», l'«istituzionalizzazione della devianza morale» e la «censura sociale e la repressione giudiziaria del bene». Ma occorre, per converso, combattere questo progetto neo-gramsciano di «eliminazione di fatto del problema di Dio» e di «assoluta secolarizzazione della vita sociale», e recuperare un approccio militante del cristianesimo in favore del ripristino della legge naturale oggettiva, già «scritta nella realtà e conforme alla ragione e al bene», sulla scia di una corretta visione antropologica umanistica, per un ritorno all'ordine naturale e cristiano della società. A tal proposito, si rivela necessaria un'alleanza tra il liberalismo realista, anti-perfettista ed anti-progressista, ed il cattolicesimo «senza compromessi» sui valori e principi non negoziabili.

Mario Secomandi
secomandi@ragionpolitica.it

http://www.ragionpolitica.it/testo.8737.dittatura_del_relativismo.html

venerdì 30 novembre 2007

La dittatura del relativismo, vero problema della crisi moderna

Il prof. Roberto de Mattei denuncia i pericoli di un mondo che tenta di cancellare Dio.
A questo tema il docente ha dedicato un libro dal titolo "La dittatura del relativismo" (Solfanelli editore, 128 pagine, 9 Euro), che riprende l'espressione formulata dall'allora Cardinale Joseph Ratzinger alla vigilia della sua elezione al soglio pontificio, nell'omelia per la Missa Pro Eligendo Romano Pontifice del 18 aprile 2005.
Il volume raccoglie relazioni e interventi svolti dall'autore, in Italia e all'estero, negli ultimi due anni.
Intervistato da ZENIT il docente di storia, autore di tanti libri sulla storia della cristianità, ha spiegato che "il grande dibattito del nostro tempo, non è di natura politica o economica, ma culturale, morale e, in ultima analisi, religiosa".
"Si tratta ha precisato de Mattei del conflitto tra due visioni del mondo: quella di chi crede nell'esistenza di principi e di valori immutabili, iscritti da Dio nella natura dell'uomo, e quella di chi ritiene che nulla esista di stabile e permanente, ma tutto sia relativo ai tempi, ai luoghi e alle circostanze".
"Se però non esistono valori assoluti e giudizi oggettivi ha commentato de Mattei la volontà di potenza degli individui e dei gruppi diventa l'unica legge della società e la rivendicazione della libertà dell'uomo si capovolge in una ferrea dittatura, peggiore di ogni altra tirannia della storia".
Secondo il docente di storia, già Vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), "tra le espressioni più pericolose di 'dittatura del relativismo' che minacciano l'Europa e il mondo si interseca il ruolo di alcuni uffici delle istituzioni internazionali come ONU e Unione Europea".
Per de Mattei, a seguito del fallimento di alcuni obiettivi politici, parti di queste istituzioni "si sono infatti trasformate in veri e propri laboratori intellettuali dove si distillano 'nuovi diritti', opposti a quelli tradizionali".
"La dittatura del relativismo è scritto nel libro è quella che vuole imporre leggi che neghino la tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale; e che pretendano di sostituire la famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, con forme radicalmente diverse di unione che in realtà la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, quali il matrimonio omosessuale ribattezzato Pacs in Francia e Dico in Italia giungendo al punto non solo di elevare il delitto a diritto, ma addirittura di punire come un reato la difesa del bene e la condanna del male".
"L'opposizione alla dittatura del relativismo ha detto a ZENIT il docente ha il suo passaggio necessario nella riscoperta della legge naturale e divina che ha costituito il fondamento della civiltà cristiana, formatasi nel Medioevo in Europa e da qui diffusasi nel mondo intero".
A questo proposito è affermato nel libro che "la legge naturale è una legge oggettiva iscritta nella natura stessa dell'uomo, non di questo o quell'uomo, ma nella natura umana considerata in sé stessa, nella sua permanenza e la sua stabilità".
De Mattei fa riferimento alla "legge naturale", a cui si è richiamato anche recentemente Benedetto XVI nel suo discorso alla Commissione Teologica del 5 ottobre scorso, sottolineando che essa "costituisce la base dell'accordo necessario tra fede e ragione, e quindi tra ordine spirituale e ordine temporale. Non ci si può tuttavia accontentare della sola legge naturale, così come non è sufficiente un richiamo puramente storico all'identità cristiana dell'Europa".
In conclusione de Mattei sostiene che "la rivelazione soprannaturale non era di per sé necessaria e l'uomo non vi aveva alcun diritto, ma poiché Dio l'ha data e promulgata, il cristiano non può accontentarsi di una società fondata sulla legge naturale: deve desiderare la conversione al cristianesimo del mondo intero".

Giovanni Zenone

http://www.giovannizenone.com/2007/11/la-dittatura-del-relativismo-vero.html

sabato 3 novembre 2007

Recensione in "Corrispondenza Romana"

Il termine di “dittatura del relativismo”, formulato dall’allora cardinale Ratzinger alla vigilia della sua elezione, nell’omelia della Messa del 18 aprile 2005, costituisce il titolo e il tema conduttore del nuovo volume del prof. Roberto de Mattei. Il libro, che raccoglie relazioni e interventi svolti dall’autore, in Italia e all’estero, negli ultimi due anni, è pubblicato da Marco Solfanelli, di Chieti, che si sta distinguendo come una delle più vivaci voci editoriali cattoliche in Italia.
Il grande dibattito del nostro tempo, secondo il prof. de Mattei, non è di natura politica o economica, ma culturale, morale e, in ultima analisi, religiosa. Si tratta del conflitto tra due visioni del mondo: quella di chi crede nell’esistenza di principi e di valori immutabili, iscritti da Dio nella natura dell’uomo, e quella di chi ritiene che nulla esista di stabile e permanente, ma tutto sia relativo ai tempi, ai luoghi e alle circostanze. Se però non esistono valori assoluti e giudizi oggettivi, la volontà di potenza degli individui e dei gruppi diventa l’unica legge della società e la rivendicazione della libertà dell’uomo si capovolge in una ferrea dittatura, peggiore di ogni altra tirannia della storia.
Tra le espressioni più pericolose di “dittatura del relativismo” che minacciano l’Europa e il mondo de Mattei sottolinea il ruolo delle istituzioni internazionali, ONU e Unione Europea in primis. Incapaci di realizzare i loro obiettivi politici, queste istituzioni si sono infatti trasformate in veri e propri laboratori intellettuali dove si distillano “nuovi diritti”, opposti a quelli tradizionali.
La dittatura del relativismo – egli scrive – è quella che vuole imporre leggi che neghino la tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale; e che pretendano sostituire la famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, con forme radicalmente diverse di unione che in realtà la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, quali il matrimonio omosessuale, ribattezzato Pacs in Francia e Dico in Italia, giungendo al punto non solo di elevare il delitto a diritto, ma di punire come un reato la difesa del bene e la condanna del male».
L’opposizione alla dittatura del relativismo, secondo de Mattei, ha il suo passaggio necessario nella riscoperta della legge naturale e divina che ha costituito il fondamento della civiltà cristiana, formatasi nel Medioevo in Europa e da qui diffusasi nel mondo intero.
Non ci si può tuttavia accontentare della sola legge naturale, così come non è sufficiente un richiamo puramente storico all’identità cristiana dell’Europa. Le radici cristiane della società, infatti, non sono solo storiche, ma costitutive, come costitutiva è per l’anima umana la vita soprannaturale della grazia.
«La rivelazione soprannaturale – conclude de Mattei – non era di per sé necessaria e l’uomo non vi aveva alcun diritto, ma poiché Dio l’ha data e promulgata, il cristiano non può accontentarsi di una società fondata sulla legge naturale: deve desiderare la conversione al cristianesimo del mondo intero».

[ROBERTO DE MATTEI, La dittatura del relativismo, Edizioni Solfanelli, Chieti 2007, pp. 128, Euro 9,00]
(CR 1015/07 - 3/11/2007)
http://www.corrispondenzaromana.it/articoli/327/0/Recensioni-Librarie/RECENSIONI-LIBRARIE:-Dittatura-del-relativismo-di-Roberto-de-Mattei.html

martedì 30 ottobre 2007

La dittatura del relativismo, vero problema della crisi moderna

Il prof. Roberto de Mattei denuncia i pericoli di un mondo che tenta di cancellare Dio

ROMA, martedì, 30 ottobre 2007 (ZENIT.org).- La dittatura del relativismo culturale, morale e religioso costituisce il vero problema della crisi moderna, sostiene il prof. Roberto de Mattei, docente di Storia Moderna all’Università di Cassino e diStoria del Cristianesimo e della Chiesa all’Università Europea di Roma.
A questo tema il docente ha dedicato un libro dal titolo “La dittatura del relativismo” (Solfanelli editore, 128 pagine, 9 Euro), che riprende l'espressione formulata dall’allora Cardinale Joseph Ratzinger alla vigilia della sua elezione al soglio pontificio, nell’omelia per la Missa Pro Eligendo Romano Pontifice del 18 aprile 2005.
Il volume raccoglie relazioni e interventi svolti dall’autore, in Italia e all’estero, negli ultimi due anni.
Intervistato da ZENIT il docente di storia, autore di tanti libri sulla storia della cristianità, ha spiegato che “il grande dibattito del nostro tempo, non è di natura politica o economica, ma culturale, morale e, in ultima analisi, religiosa”.
“Si tratta – ha precisato de Mattei – del conflitto tra due visioni del mondo: quella di chi crede nell’esistenza di principi e di valori immutabili, iscritti da Dio nella natura dell’uomo, e quella di chi ritiene che nulla esista di stabile e permanente, ma tutto sia relativo ai tempi, ai luoghi e alle circostanze”.
“Se però non esistono valori assoluti e giudizi oggettivi – ha commentato de Mattei – la volontà di potenza degli individui e dei gruppi diventa l’unica legge della società e la rivendicazione della libertà dell’uomo si capovolge in una ferrea dittatura, peggiore di ogni altra tirannia della storia”.
Secondo il docente di storia, già Vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), “tra le espressioni più pericolose di 'dittatura del relativismo' che minacciano l’Europa e il mondo si interseca il ruolo di alcuni uffici delle istituzioni internazionali come ONU e Unione Europea”.
Per de Mattei, a seguito del fallimento di alcuni obiettivi politici, parti di queste istituzioni “si sono infatti trasformate in veri e propri laboratori intellettuali dove si distillano 'nuovi diritti', opposti a quelli tradizionali”.
“La dittatura del relativismo – è scritto nel libro – è quella che vuole imporre leggi che neghino la tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale; e che pretendano di sostituire la famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, con forme radicalmente diverse di unione che in realtà la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, quali il matrimonio omosessuale – ribattezzato Pacs in Francia e Dico in Italia – giungendo al punto non solo di elevare il delitto a diritto, ma addirittura di punire come un reato la difesa del bene e la condanna del male”.
“L’opposizione alla dittatura del relativismo – ha detto a ZENIT il docente – ha il suo passaggio necessario nella riscoperta della legge naturale e divina che ha costituito il fondamento della civiltà cristiana, formatasi nel Medioevo in Europa e da qui diffusasi nel mondo intero”.
A questo proposito è affermato nel libro che “la legge naturale è una legge oggettiva iscritta nella natura stessa dell’uomo, non di questo o quell’uomo, ma nella natura umana considerata in sé stessa, nella sua permanenza e la sua stabilità”.
De Mattei fa riferimento alla “legge naturale”, a cui si è richiamato anche recentemente Benedetto XVI nel suo discorso alla Commissione Teologica del 5 ottobre scorso, sottolineando che essa “costituisce la base dell’accordo necessario tra fede e ragione, e quindi tra ordine spirituale e ordine temporale. Non ci si può tuttavia accontentare della sola legge naturale, così come non è sufficiente un richiamo puramente storico all’identità cristiana dell’Europa”.
In conclusione de Mattei sostiene che “la rivelazione soprannaturale non era di per sé necessaria e l’uomo non vi aveva alcun diritto, ma poiché Dio l’ha data e promulgata, il cristiano non può accontentarsi di una società fondata sulla legge naturale: deve desiderare la conversione al cristianesimo del mondo intero”.

http://www.zenit.org/article-12375?l=italian

venerdì 19 ottobre 2007

I filosofi senza idee smontano la verità

Riscoprire la legge naturale e divina che ha costituito il fondamento della civiltà cristiana, é il vaccino consigliato da Roberto de Mattei nel suo ultimo libro La dittatura del relativismo, per combattere la malattia filosofica del nostro tempo: il relativismo intellettuale e morale…


«La più grande malattia filosofica del nostro tempo è costituita dal relativismo intellettuale e dal relativismo morale, il secondo dei quali trova, almeno in parte, nel primo il proprio fondamento. Per relativismo o, se si preferisce, scetticismo - intendo, in sostanza, la teoria secondo la quale la scelta fra teorie concorrenti è arbitraria; ed è arbitraria perché non esiste alcunché che si possa considerare come verità obiettiva; ovvero, anche se esiste, non c'è alcuna teoria che si possa considerare come vera o comunque (anche se non vera) più vicina alla verità di un'altra; ovvero, se ci troviamo di fronte a due o più teorie, non abbiamo alcun modo o mezzo di decidere se una di esse è migliore dell'altra»: queste considerazioni si trovano nel secondo volume dell'opera "La società aperta e i suoi nemici", pubblicata da Karl Raimund Popper nel 1945, e fa indubbiamente una certa impressione che a definire il relativismo "la più grande malattia filosofica del nostro tempo" non sia Benedetto XVI, bensì un laicissimo filosofo passato alla storia non certo per la sua assidua partecipazione a tridui di preghiera e processioni. Sembra pertanto fuori luogo la critica, tanto aspra quanto scontata, rivolta da Tomás Ibañez alla «virulenza e la costanza con cui Giovanni Paolo II e il cardinal Ratzinger hanno demonizzato il relativismo». Ibañez scrive queste parole nel Prologo del suo recente volume "Il libero pensiero" (Elèuthera, pp. 224, euro 20), il cui sottotitolo, "Elogio del relativismo", non lascia adito a dubbi circa la tesi di fondo che viene in esso sostenuta: nelle prime pagine egli informa i lettori che è stato proprio l'insegnamento papale in materia di relativismo a fugare ogni suo dubbio sull'opportunità di scendere in campo per difendere a spada tratta quello che per Popper è soltanto un grave morbus philosophicus. Padronissimo, ovviamente, Ibañez di prendersela con il magistero dei romani pontefici, ma sembra opportuno ricordare che la confutazione del relativismo è antica quanto la storia della filosofia e ha visto schierarsi dalla sua parte la stragrande maggioranza dei pensatori occidentali; e questo sino ai nostri giorni, con i vari Quine, Apel, Putnam, Chomsky (!) pronti a dimostrare l'insostenibilità del relativismo. A onor del vero, va detto che gli studiosi tendono a distinguere una forma di relativismo forte da una debole, e intorno a tale distinzione costruiscono disquisizioni di non poco conto. Questa distinzione non sembra interessare troppo a Ibañez, tutto preso, come appare, dalla sua missione di apostolo del relativismo che sente di dover scendere in campo «tanto più quando si vede che i campioni laici della retorica della verità, egemoni di questi tempi, sono in consonanza con le autorità della Chiesa e partecipi della stessa crociata contro la tentazione di prestare orecchio al relativismo». Dunque, secondo il professore spagnolo, si sarebbe saldata una sorta di pericolosa alleanza filosofica fra trono (leggi: atei devoti) e altare, in chiave antirelativista e perciò antilibertaria. Di parere completamente diverso è Roberto de Mattei , professore dell'Università di Cassino e dell'Università Europea di Roma, che ha da poco mandato in libreria il volume "La dittatura del relativismo" (Solfanelli, pp. 128, euro 9), nel quale, come è facile comprendere sin dal titolo, viene manifestato un timore del tutto opposto a quello di Ibañez. Infatti, de Mattei ritiene che, in nome di princìpi relativistici e libertari, si stia affermando una vera e propria tirannia culturale, quella dello scetticismo, che fa dell'assenza della verità la propria bandiera e che conduce verso quel nichilismo che a giudizio di molti rappresenta l'autentica malattia mortale della cultura contemporanea; una malattia che fra le sue più terribili complicazioni annovera il totalitarismo: de Mattei è bravo a far vedere come l'assenza di verità e la negazione dell'esistenza di principi e di valori immutabili rappresentino il terreno ideale per far attecchire l'ideologia del più forte. De Mattei sviluppa argomentazioni rigorosamente razionali, ma non nasconde la convinzione che soltanto un assoluto religioso possa guarire l'uomo dai suoi mali e fondare una società veramente libera: «L'opposizione alla dittatura del relativismo - si legge nel libro - ha il suo passaggio necessario nella riscoperta della legge naturale e divina che ha costituito il fondamento della civiltà cristiana (...) Le radici cristiane della società (...) non sono solo storiche, ma prima di tutto costitutive, come costitutiva è per l'anima umana la vita soprannaturale della Grazia».
IL LIBRO È da poco in libreria "La dittatura del relativismo" di Roberto de Mattei (Solfanelli, pp. 128, euro 9). Il saggio denuncia la minaccia del relativismo che, dietro a un'apparenza libertaria, negando ogni criterio di verità oggettiva, apre la strada al totalitarismo e alla dittatura del più forte
L'AUTORE Roberto De Mattei (Roma 1948) insegna Storia moderna all'Università di Cassino e Storia del Cristianesimo e della Chiesa all'Università Europea di Roma.

Maurizio Schoepflin

LIBERO 17 ottobre 2007

http://www.fattisentire.net/modules.php?name=News&file=article&sid=2714

sabato 6 ottobre 2007

L’Europa, la Turchia e un olocausto

Nell’arco di pochi mesi l’editore Solfanelli ha lanciato sul mercato due opere utili per meglio comprendere e giudicare alcuni fatti di politica internazionale; si tratta di Sulla Turchia e l’Europa e L’olocausto armeno, vergati entrambi dal giornalista storico Alberto Rosselli.
Anzitutto, il dibattito sull’ingresso della Turchia in Europa: Rosselli ha condensato in poche pagine numerose informazioni utili dalla caduta dell’Impero Ottomano ai giorni nostri, aggiungendo una attenta cronologia ed una ricca bibliografia. Quindi passa ad affrontare le due visioni che si scontrano nel Vecchio Continente: chi immagina una gigantesca area europeo-mediterranea, in cui far confluire anche il Nord Africa ed Israele, e chi invece ritiene fondamentale ancorare l’Europa alle proprie radici culturali e religiose.
Nell’analisi Rosselli, che si confronta con scritti di autori importanti come Introvigne e Cardini, non manca di osservare come peraltro vi siano stati dei passi di avvicinamento compiuti da Ankara verso l’Europa occidentale. Ma essi non bastano; rimangono ancora delle questioni irrisolte, posto che la Turchia voglia veramente entrare a far parte dell’Unione Europea: il riconoscimento del massacro degli armeni, la persecuzione contro i curdi, la vicenda cipriota.
Al primo di questi punti è dedicato il secondo pamphlet del giornalista genovese. Anche qui non manca un’attenta ricostruzione storica: del resto, la «persecuzione scatenata nel 1915 dai turchi nei confronti del popolo armeno (…) rappresenta forse il primo esempio dell’epoca contemporanea di sistematica e scientifica soppressione di una minoranza etnico-religiosa. Un piano di eliminazione che non scaturì soltanto dall’ideologia panturchista e panturanista del sedicente partito progressista dei Giovani Turchi, ma che trasse le sue origini dalle antiche e mai del tutto sopite contrapposizioni tra la maggioranza musulmana turca e curda e la minoranza cristiana armena» (p. 5).
A cavallo tra storia e attualità è delineata tutta la vicenda dell’Armenia contemporanea: ricostruzione utile non solo a far luce su quello che l’Onu ha dichiarato essere il primo genocidio del XX secolo, non solo a ricordarci la storia di un popolo poco conosciuto, non solo a sollevare dubbi sulla legittimità della richiesta di ingresso turco nell’UE, ma anche, e soprattutto, a ricordare i massacri dimenticati, quelli non ricordati dai programmi televisivi a scadenza annuale, quelli cui alcune istituzioni, anche nostrane, non vorrebbero concedere la dignità di esistere.

[Alberto Rosselli, Sulla Turchia e l’Europa, Chieti, Solfanelli, 2006; Alberto Rosselli, L’olocausto armeno, Chieti, Solfanelli, 2007]

Gianandrea de Antonellis
(CR 1011/06 - 6/10/2007)
http://www.corrispondenzaromana.it/articoli/300/0/Recensioni-Librarie/RECENSIONI-LIBRARIE:-l-Europa,-la-Turchia-e-un-olocausto.html

lunedì 1 ottobre 2007

Novità editoriale: LA DITTATURA DEL RELATIVISMO


Il grande dibattito del nostro tempo, secondo Roberto de Mattei, non è di natura politica od economica, ma culturale, morale e, in ultima analisi, religiosa. Si tratta del conflitto tra due visioni del mondo: quella di chi crede nell’esistenza di principi e di valori immutabili, iscritti da Dio nella natura dell’uomo, e quella di chi ritiene che nulla esista di stabile e di permanente, ma tutto sia relativo ai tempi, ai luoghi, alle circostanze. Se però non esistono valori assoluti e diritti oggettivi, la volontà di potenza dell’individuo e dei gruppi diventa l’unica legge della società e si costituisce quella che Benedetto XVI ha definito la “dittatura del relativismo”.
La denuncia della minaccia relativista è il filo conduttore di queste pagine, che raccolgono scritti e interventi dell’autore svolti tra il 2005 e il 2007. L’opposizione alla dittatura del relativismo, che oggi si esprime attraverso il terrorismo psicologico e la repressione giudiziaria, passa attraverso la riscoperta di quella legge naturale e divina che ha costituito il fondamento della Civiltà cristiana, formatasi nel Medioevo in Europa e da qui diffusasi nel mondo intero.
Il pensiero cui questo libro si ispira è quello della Philosophia perennis, integrata dal Magistero tradizionale della Chiesa, ma anche dall’insegnamento dei grandi autori contro-rivoluzionari cattolici dell’Ottocento e del Novecento, di cui l’autore è, in Italia, erede e continuatore.


Roberto de Mattei
LA DITTATURA DEL RELATIVISMO
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-89756-26-3]
Pagg. 128 - € 9,00

http://www.edizionisolfanelli.it/dittaturarelativismo.htm

domenica 13 maggio 2007

Novità editoriale: SULLA TURCHIA E L'EUROPA

All’interno dell’UE il dibattito sull’ingresso della Turchia in Europa appare molto intenso e conflittuale, e, nonostante i molti passi avanti compiuti dal governo di Ankara nel rispetto dei parametri imposti da Bruxelles, le non infrequenti battute di arresto avvertono che il cammino verso l’integrazione si prospetta ancora lungo e tortuoso. Molta strada resta infatti da percorrere. Per la Turchia, ovviamente - che dovrà ottemperare a tutte le clausole ad essa dettate, nessuna esclusa - ma anche per l'Europa, e non soltanto da quella rappresentata dalle istituzioni politiche.
Secondo alcuni osservatori, l’ingresso nel consesso comunitario del vasto e popoloso Paese a maggioranza islamica rappresenterebbe una questione troppo importante e delicata per essere avallata soltanto sulla base di parametri squisitamente “tecnici” non preceduti e accompagnati da un propedeutico e adeguatamente protratto interscambio culturale tra la “realtà Turchia” e la “realtà Europa”.
Mentre secondo altri, un simile criterio sarebbe sufficiente a garantire quel coraggioso passo in avanti in direzione del progresso e del consolidamento economico e sociale di un continente – quello europeo – per altro già destinato ad un destino multietnico e multireligioso.
In questo breve saggio, che ripercorre in sintesi la storia dell’impero ottomano e della Turchia, vengono riportate le opinioni e le riflessioni (spesso radicalmente contrastanti) di studiosi e giornalisti esperti di questioni politiche, geopolitiche, religiose ed economiche. riguardo al delicato tema dei rapporti tra lo Stato anatolico e l’Europa.


Alberto Rosselli
SULLA TURCHIA E L'EUROPA
Presentazione di Marco Cimmino
[ISBN-88-89756-11-x]
Pagg. 160 - € 10,00

http://www.edizionisolfanelli.it/turchiaeuropa.htm

mercoledì 31 gennaio 2007

RECENSIONE su Radici Cristiane

Ai nostri giorni, alcune ideologie pretendono che la salvezza della umanità consista nel tornare alle radici utopistiche dell’età moderna; inoltre alcune correnti cristiane pretendono che la Chiesa debba rinnovarsi tornando alle proprie supposte origini utopistiche. Il professor Gnerre, studioso delle religioni e nostro collaboratore, ha scritto questo volumetto per smentire tali errate e pericolose convinzioni e ribadire, come dice il sottotitolo, l’incompatibilità tra utopia e giudizio cristiano.
Difatti il Cristianesimo ammonisce che l’uomo, creato da Dio ma corrotto dal Peccato Originale, può riscattarsi solo collaborando all’opera redentrice di Gesù Cristo, e che guarirà del tutto solo nell’aldilà, nella beata eternità del Paradiso; invece l’utopia pretende che l’uomo, nato buono per natura ma corrotto dalla società, può redimersi con le proprie forze promuovendo una rivoluzione (politica o culturale o tecnologica) che in un futuro imprecisato ripristinerà il paradiso terrestre. Insomma, l’utopismo è un idealismo degenere che, rifiutando la natura delle cose e le esperienze della storia, pretende di ricominciare tutto daccapo e di adattare l’uomo a fantasie e a desideri irrealizzabili.
L’utopia è ben anteriore all’età moderna, ma è connessa alla modernità intesa come valore, ossia come epoca redentrice che risolverà tutte le contraddizioni della condizione umana creando un “uomo nuovo”. Ciò presuppone che la natura umana sia incorrotta, onnipotente e perfettibile: ad esempio, che l’intelligenza possa conoscere e programmare tutto, che la volontà possa decidere e realizzare tutto. Ne deriva la pretesa di liberare l’uomo dai condizionamenti della natura, della società e della storia, grazie ad una rivoluzione politica che in realtà gl’impone un condizionamento ben maggiore: quello di un potere totalitario al quale tutto viene permesso, in quanto ha il compito di dirigere tutti gli aspetti della vita, anche quelli più privati.
Alla rivoluzione utopistica, Gnerre contrappone il “riformismo” cristiano, secondo il quale l’uomo va continuamente e pazientemente curato nella sua condizione decaduta e rieducato alla vita etica e civile, soprattutto grazie a quel potente fattore di moralità e di civiltà che è la Religione. Solo in questo modo l’uomo, facendo tesoro delle lezioni della natura, della società e della storia, può realizzare la propria originaria vocazione, ossia il progetto che Dio ha su di lui.

http://www.radicicristiane.it/libro.php/id/80/Corrado%20Gnerre/Le-radici-dell'utopia